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Storia del Presepe Napoletano

Le origini

Un bambino venuto alla luce in una mangiatoia, riscaldato dai fiati di un bue e un asinello, circondato dall’amore dei suoi genitori, dalla curiosità dei pastori e dal santo spirito degli angeli. La scena della Natività è parte integrante della nostra storia nonché di quella della tradizione napoletana del presepe, le cui origini si perdono, come ogni tradizione leggendaria, nella notte dei tempi.

Si racconta che fu San Francesco di Assisi il primo a raffigurare la Natività, mettendo in scena un presepe (dal latino “prae” – innanzi e “saepes” – recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto, sinonimo della mangiatoia che tanto ci è familiare) a Greccio, nel 1223.

Secondo quanto riporta San Bonaventura, dell’ordine francescano, Francesco, tornato da un viaggio a Betlemme, incontrò un nobile italiano che gli chiese cosa dovesse fare per seguire le vie del Signore. La risposta del santo fu di prepararsi al Natale, per accogliere Gesù nel proprio cuore. Fu così che Giovanni da Greccio decise di preparare una grotta per accogliere il “bambinello”. La notte di Natale, Francesco accolse presso la mangiatoia i pastori e i contadini del villaggio che portarono doni per Gesù e per i più poveri; fu celebrata una messa, durante la quale apparve a Francesco dentro la mangiatoia, un bellissimo bambino addormentato che il beato, stringendo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno. La storia della miracolosa apparizione nella notte di Natale fece il viaggio dell’Italia tutta e, da allora, si usa “ricostruire” la scena della Natività, il Mistero della nascita di Gesù.

A Napoli, dove il presepe è un’arte oltre che una tradizione che ha attraversato i secoli, fu proprio l’ordine francescano a realizzare la prima rappresentazione scenica della Natività nel 1340, ponendo dinanzi ad un fondale dipinto, statue lignee a grandezza naturale, le cui espressioni ricalcavano sentimenti di profonda fede e religiosità. Fu però, nel ‘500 che il presepe iniziò a svilupparsi e trasformarsi. Grazie all’inventiva e alla creatività di Gaetano da Thiene la rappresentazione “classica” – che vedeva come protagonisti Maria, Giuseppe e il Bambino Gesù nella grotta con il bue e l’asinello – si arricchì di personaggi del popolo, in qualità di spettatori fedeli della nascita del Salvatore. Nel corso dei secoli si è andata così delineando l’immagine del presepe come oggi lo conosciamo, anche se – nella tradizione più attuale – la rappresentazione ricalca, per lo più, il ‘700 napoletano, l’epoca di forse maggiore notorietà del presepe a Napoli. Grazie alla passione del re Carlo di Borbone, per le arti manuali e, in modo particolare, per il presepe, la rappresentazione della Natività divenne una vera e propria moda, soprattutto tra i nobili del tempo che facevano a gara per aggiudicarsi le lodi del re per le loro creazioni. La scenografia del presepe, lo “Scoglio”, da semplice mangiatoia si trasformò in un’elaborata costruzione che prevedeva un paesaggio con montagne, salite e discese, vicoli e scalinate; solo in pianura figurava la tradizionale grotta, affiancata dalle osterie nelle quali – secondo la narrazione dei Vangeli – Giuseppe e Maria non avevano trovato posto a Betlemme.

Autore: Fabrizio
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