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Nel sottosuolo della Napoli moderna si cela una delle opere di ingegneria idraulica più straordinarie dell’antichità: l’Acquedotto Augusteo del Serino, conosciuto anche come Aqua Augusta. Costruito nel I secolo d.C. sotto l’imperatore Ottaviano Augusto, questo colossale sistema di distribuzione idrica rappresentava una delle infrastrutture più complesse e avanzate dell’intero Impero Romano.
Con una lunghezza complessiva stimata di oltre 96 chilometri, l’acquedotto trasportava l’acqua dalle sorgenti del Serino, nell’alta Irpinia, fino a Napoli, Miseno (sede della flotta imperiale) e ad altri importanti centri urbani come Pompei, Ercolano, Nola, Atella e Puteoli.
A Napoli, alcuni tratti dell’Acquedotto Augusteo sono ancora osservabili e visitabili, testimonianza viva di un passato che riaffiora tra vicoli e palazzi. Il punto forse più noto è il tratto situato nel Rione Sanità, all’interno dei sotterranei di Palazzo Peschici-Maresca, in Via Arena alla Sanità.
Qui, negli anni recenti, sono stati riportati alla luce due serie di archi e piloni di epoca romana, perfettamente conservati, che costituivano parte della struttura portante dell’acquedotto. Scoperti durante un sopralluogo nel 2011, questi elementi architettonici raccontano non solo la maestria ingegneristica dei romani, ma anche la profondità storica su cui poggia l’attuale città di Napoli.
Un altro tratto ben noto dell’acquedotto è quello visibile nella zona dei cosiddetti Ponti Rossi, lungo Via Arenaccia: una maestosa sequenza di arcate che appartenevano al condotto romano e che oggi si stagliano tra palazzi e traffico urbano.
Resti dell’Aqua Augusta sono stati individuati anche nella Crypta Neapolitana, la galleria scavata nella roccia che collega Mergellina a Fuorigrotta, e probabilmente serviva come punto di transito per l’acqua diretta verso l’area flegrea e la Piscina Mirabilis, il monumentale serbatoio terminale situato a Miseno, destinato alla flotta imperiale.
Secondo le ipotesi archeologiche, l’acqua entrava in città da un punto sopraelevato, forse nella zona di San Pietro a Majella, per garantire la necessaria pressione lungo il percorso urbano.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, l’acquedotto cessò progressivamente di funzionare. Durante il periodo vicereale, nel Cinquecento, si tentò una sua parziale ricostruzione sotto il viceré Don Pedro de Toledo, ma i costi elevati portarono all’abbandono del progetto in favore di altre soluzioni idriche, come l’Acquedotto della Bolla.
Oggi, grazie a progetti di valorizzazione culturale, l’Acquedotto Augusteo del Serino è tornato al centro dell’attenzione, non solo come testimonianza storica, ma anche come esempio di straordinaria resilienza urbana.
Il tratto visitabile nel Rione Sanità è stato reso accessibile grazie all’impegno dell’associazione VerginiSanità e del progetto culturale Borgo Vergini.
Le visite sono periodicamente organizzate da realtà locali che promuovono la riscoperta del patrimonio nascosto di Napoli. Per dettagli, aggiornamenti e prenotazioni:
Sito ufficiale: www.borgovergini.it
Indirizzo: Via Arena alla Sanità, Napoli (Palazzo Peschici-Maresca)