« Didier Barra e Napoli nel Seicento

Nel cuore dell’antica Neapolis si celebrava un evento straordinario che univa competizione e culto: i Giochi Isolimpici. Istituiti nel 2 a.C. e celebrati per la prima volta nel 2 d.C., questi giochi quadriennali erano tra i più prestigiosi del mondo romano, riconosciuti al pari delle grandi competizioni panelleniche come le Olimpiadi di Olimpia. Neapolis, con il suo spirito profondamente ellenico, divenne l’unico centro dell’Occidente a ospitare giochi in onore di Augusto, fondendo l’identità greca con il nuovo ordine imperiale romano.
I Giochi Isolimpici, conosciuti anche come Italikà Rhomaia Sebastà Isolympia, prendevano il nome dal titolo onorifico Sebastos, la versione greca di Augustus. La loro istituzione non fu solo un tributo sportivo, ma anche un modo per rafforzare il culto imperiale. Secondo lo storico Cassio Dione, Augusto volle i giochi per ricompensare Neapolis dopo un terremoto e per riconoscerla come ultimo avamposto dell’ellenismo in Occidente.
Il fulcro dell’evento era la solenne processione al tempio dell’imperatore divinizzato, seguita dal sacrificio rituale di cento buoi, una cerimonia che simboleggiava il legame tra gli atleti, la città e gli dèi.
Il programma dei Giochi contava ben 57 competizioni, suddivise tra 32 gare atletiche, 6 gare ippiche e 19 eventi artistici. Tra le prove più prestigiose vi era il pentathlon, mentre le competizioni artistiche comprendevano musica, poesia, teatro e persino lodi per l’imperatore, a dimostrazione dell’importanza culturale dell’evento.
Gli atleti, come nelle Olimpiadi greche, non gareggiavano per premi in denaro, ma per la fama eterna: i vincitori ricevevano una corona d’alloro e il loro nome veniva inciso nella pietra, garantendo loro l’immortalità storica.
L’importanza dei Sebasta è testimoniata dalle epigrafi marmoree ritrovate a Napoli, in particolare durante gli scavi della Stazione Duomo della metropolitana. Queste iscrizioni, oggi visibili nelle Scuderie Borboniche del Palazzo Reale, riportano i nomi dei vincitori delle edizioni dal 74 al 94 d.C., offrendo uno spaccato unico di questa antica tradizione.
Tra i nomi scolpiti nella pietra spicca quello di Flavia Thalassia, una giovane atleta di Efeso, vincitrice della corsa delle Parthenoi nell’edizione dell’86 d.C., una delle poche donne a lasciare un segno nella storia dei Sebasta.
I Giochi Isolimpici non furono solo un evento sportivo, ma il simbolo di una Napoli fiera della sua identità greca, capace di coniugare tradizione e innovazione nel grande mosaico dell’Impero Romano. Oggi, le epigrafi e i reperti archeologici ci raccontano di un’epoca in cui la città era un crocevia di cultura, sport e devozione, testimoniando una grandezza che non è mai svanita, ma continua a vivere nel suo patrimonio storico.